Infortuni sul lavoro e delega di funzioni
Con la sentenza della Cassazione Penale, Sez. III, depositata il 10 dicembre 2025, la Suprema Corte torna a pronunciarsi su un tema centrale in materia di salute e sicurezza sul lavoro: i confini dell’obbligo di vigilanza del datore di lavoro in presenza di delega di funzioni
La decisione assume particolare rilievo pratico per datori di lavoro, RSPP, dirigenti e consulenti HSE, poiché ribadisce principi ormai consolidati ma spesso disattesi nella prassi applicativa.
Il caso
L’infortunio riguarda un lavoratore che, utilizzando un trapano a colonna privo di protezioni, riportava gravi lesioni a seguito dell’impigliamento del guanto nella punta in rotazione.
Il macchinario, ereditato da una precedente gestione, era stato formalmente dismesso dal datore di lavoro, che aveva:
- deliberato la dismissione;
- conferito delega di funzioni al direttore tecnico e a un preposto;
- predisposto procedure informative per la segnalazione di situazioni di rischio.
Nonostante ciò, il macchinario era rimasto in officina ed era stato utilizzato dal lavoratore.
La decisione della Cassazione
La Corte di Cassazione ha annullato con rinvio la sentenza della Corte d’Appello, ritenendo erronea l’affermazione della responsabilità penale del datore di lavoro.
In particolare, la Suprema Corte ha rilevato che i giudici di merito:
- hanno preteso una vigilanza diretta e costante sulle singole lavorazioni;
- hanno di fatto richiesto un controllo “momento per momento”, incompatibile con la presenza di una delega;
- non hanno adeguatamente motivato sull’elemento soggettivo della colpa (prevedibilità ed evitabilità dell’evento).
Diritto di vigilanza ≠ controllo operativo continuo
La Cassazione ribadisce un principio fondamentale:

In altre parole:
- il datore di lavoro non è tenuto a controllare quotidianamente ogni attività operativa;
- l’obbligo di vigilanza assume una dimensione organizzativa e procedurale, non esecutiva.
Il ruolo delle procedure e dei modelli organizzativi
Un passaggio di particolare importanza riguarda il richiamo all’art. 16, comma 3, del D.Lgs. 81/08, secondo cui l’obbligo di vigilanza può considerarsi assolto attraverso:
- l’adozione di procedure strutturate;
- la presenza di preposti e delegati competenti;
- l’efficace attuazione di un modello di verifica e controllo ex art. 30.
Nel caso specifico, la Cassazione ha censurato il mancato esame, da parte della Corte d’Appello, dell’adeguatezza delle procedure informative predisposte dal datore di lavoro e della sua concreta possibilità di venire a conoscenza della situazione di rischio.
Colpa penale e divieto di responsabilità oggettiva
Altro punto decisivo della sentenza è la critica all’assenza di motivazione sull’elemento soggettivo della colpa.
Secondo la Cassazione, non è sufficiente richiamare la posizione di garanzia del datore di lavoro: occorre verificare se l’evento fosse prevedibile ed evitabile con una condotta esigibile nel caso concreto.
In mancanza di tale valutazione, il rischio è quello di introdurre una responsabilità oggettiva, non ammessa nel nostro ordinamento penale.
Implicazioni operative per le aziende
La sentenza fornisce indicazioni molto chiare per la gestione della sicurezza aziendale:
- le deleghe di funzioni devono essere reali, coerenti e operative;
- le procedure di segnalazione e controllo devono essere formalizzate e tracciabili;
- la sicurezza si costruisce attraverso l’organizzazione, non tramite la presenza costante del datore di lavoro sul campo.
Un sistema prevenzionistico ben strutturato non elimina i rischi, ma riduce sensibilmente l’esposizione a responsabilità penali improprie.
Conclusioni
La Cassazione riafferma un principio di equilibrio:
la tutela della salute dei lavoratori è prioritaria, ma non può tradursi in un obbligo di controllo onnipresente e irrealistico per il datore di lavoro.